lunedì 9 agosto 2010

CARAVAGGIO ALLE SCUDERIE DEL QUIRINALE


All’appuntamento con l’Arte di Caravaggio (1571-1610) siamo arrivati con un certo anticipo e animati da una forte curiosità. Il gruppo del Circolo Tennis Taurisano ha già avuto l’opportunità di conoscere l’artista attraverso le opere esposte a Roma nella chiesa di San Luigi dei Francesi e in Santa Maria del Popolo a Roma, oltre che nel Museo archeologico Nazionale di Napoli, questo forse spiega la curiosità di molti nostri partecipanti.


Stiamo per vedere i capolavori provenienti dagli Uffizi, come il Bacco, o dalla Pinacoteca ambrosiana, come la celebre Cesta di frutta; e ancora da Berlino, come l’Amore vincitore; dal Metropolitan di New York, come I Musici; dalla National Gallery di Londra, come la Cena di Emmaus; Il Suonatore di liuto del Museo dell’Ermitage di San Pietroburgo ed altre ancora.

Un’impresa ambiziosa realizzata da Rossella Vodret e Francesco Buranelli.


L’enorme afflusso di gente prodotto dalla pubblicità fatta dei Mas media non ha consentito di gustare appieno e con la dovuta serenità le sottigliezze della pittura caravaggesca: le Scuderie del Quirinale sono state infatti prese d’assalto da una folla di visitatori attirati forse dalla curiosità morbosa per l’opera di un artista definito “maledetto” e le cui vicende biografiche sembrano uscite da un giornale di cronaca, di quelli che oggi vanno tanto di moda.

All’interno ci rendiamo subito conto dell’esiguità degli spazi e della difficoltà che avremmo incontrato, l’impressione è stata quella di una folla che si accalca al passaggio di qualche celebrità.

Decido così di presentare l’opera caravaggesca raccogliendo il gruppo in uno spazio cieco vicino alle biglietterie, miracolosamente lasciato libero.
Spiego la sua avventura pittorica che inizia e finisce nell’arco di un ventennio, costellato di avvenimenti tragici e disavventure che si concludono miseramente con la sua morte sulla spiaggia di porto d’Ercole nei pressi di Roma.

L’attenzione degli ascoltatori è notevole, così sono incoraggiato a scendere, pur in modo sintetico, in profondità e spiegare la sua poetica, le sue scelte e le motivazioni che le hanno determinate; parlo del suo esordio a Milano, il suo apprendistato presso Simone da Petersano allievo di Tiziano e della sua fuga a Roma: coinvolto in una rissa aveva ammazzato un uomo!
Parlo del suo modo di intendere la religiosità che deriva dalla predicazione di Carlo Borromeo; una religiosità che spinge alla solidarietà verso il mondo degli umili, degli emarginati, dei più poveri.

Traccio le linee guida per la lettura delle sue opere che stavamo per vedere invitando tutti ad osservare i particolari dei segni e le logiche delle composizioni, la distribuzione delle masse e i colori, i loro significati simbolici e soprattutto i magistrali giochi delle luci, la loro diversità la loro funzione. Poi, dichiarandomi disponibile a rispondere ad eventuali domande, accompagno il gruppo all’interno degli spazi espositivi.

Gli ambienti sono dipinti di nero e l’atmosfera è opprimente. Non riesco a tenere nascosta la mia irritazione: le opere, esposte senza un criterio preciso impediscono di fare una spiegazione coerente e consequenziale e spiegare l’evoluzione dell’arte del Maestro. Pertanto ogni quadro viene letto in modo autonomo.

Ho ammirato l’attenzione degli amici presenti, il loro modo di osservare quelle meravigliose opere giovanili, dipinte con puntiglioso realismo, come pure i capolavori della maturità, con quegli straordinari giochi di luce che fa emergere dall’ombra gli uomini e le cose con tutto il loro bagaglio di particolari anatomici descritti nella loro bellezza o bruttezza con una tecnica magistrale, coinvolgente, a volte sconcertante.

Caravaggio è uno degli artisti più capaci nel caratterizzare le figure: sembra a volte di assistere alla scena come avviene in una rappresentazione teatrale, un teatro povero nell’impostazione scenica, ma fortemente caratterizzato nelle espressioni dei vari personaggi, esaltate dal gioco della luce.

Di fronte a quei capolavori in quell’ambiente scuro e reso ancora più opprimente dalla grande quantità di visitatori, penso con un certo rammarico alla diversa atmosfera che si vive all’interno del Louvre a Parigi, o anche agli Uffizi di Firenze,
alla professionalità esercitata nell’allestire gli spazi espositivi e anche alla quantità di visitatori ammessi all’interno dei musei.
Anche il modo di illuminare i quadri, con quei proiettori alogeni che procuravano molti riflessi sulle tele mi è sembrato abbastanza improvvisato e dilettantesco.
Mi dispiace che Caravaggio sia morto da quattrocento anni, se fosse stato vivo sono certo che avrebbe “infilzato” qualcuno.
Non vedo l’ora di uscire all’aria aperta, sperando che domani, ad Assisi, le cose vadano meglio.

31-5-10
D. Minonni