mercoledì 15 dicembre 2010

VITO RUSSO



L’Associazione Culturale “Pietre vive” di Taurisano ha ospitato, da domenica 5 dicembre a domenica 12, una bella mostra di scultura di Vito Russo, un compagno di scuola ed un amico d’infanzia col quale ho condiviso le prime esperienze nel campo artistico, un’amicizia che dura ormai da quasi cinquant’anni.



Le modeste condizioni di vita della sua famiglia contadina, nonché la vicinanza ad un mondo fatto di cose semplici ed essenziali lo portarono da subito ad affrontare temi legati alla millenaria lotta dell’uomo per la sopravvivenza, cercando nelle forme della natura l’essenza della vita nascosta dell’uomo; vita e vitalità che egli esprime in forme essenziali, a volte primordiali al punto da riportare alla mente le prime manifestazioni dell’Arte preistorica, intervenendo appena sia sui tronchi di olivastro, abbondanti nella nostra terra, che sulle pietre raccolte durante le nostre frequenti passeggiate lungo la campagna e la costa salentina.



In questa terra spesso arida, pietrosa che il lavoro millenario dell’uomo ha reso meno avara crescono i nostri ulivi, ma il loro crescere è tormentato quanto l’esistenza dell’uomo. Uomo e natura accomunati dall’immane lotta per la sopravvivenza. Gli ulivi secolari con i loro tronchi nodosi e il loro andamento a spirale ( sempre in senso orario) tradiscono lo loro affannosa ricerca della luce del sole, quello stesso sole che disidrata e rinsecchisce la pelle dei nostri contadini: vento, salsedine e sole hanno plasmato i loro volti e temprato il loro carattere e la loro anima. Questo è il tema dominante della sua opera che si realizza con le tecniche più varie: legno, terra cotta policroma, pietra.



Ancora giovanissimo viene chiamato dal direttore dell’Istituto Statale d’Arte di Lecce Beniamino Barletti ad insegnare discipline plastiche nello stesso Istituto in cui si era appena diplomato; vi rimane per quarant’anni, esponendo nel contempo le sue opere in molte città europee e spingendosi anche in Giappone ottenendo numerosi riconoscimenti.



La sua ricerca formale si fa più sensibile e più attenta verso aspetti più generali della personalità umana, una specie di sguardo oltre il Salento.



La caratterizzazione evidenzia a volte gli aspetti più vari della vita contadina, esaltando la particolare struttura anatomica dei volti e dei corpi che sembrano sottoposti alle stesse forse della natura che hanno creato la forme dei tronchi degli ulivi secolari, a volte invece il candore, la grazia, l’eleganza o la civetteria delle ragazze salentine. Altre volte la corposità matriarcale delle loro mamme.



Col passare del tempo i connotati realistici cedono il posto ad una ricerca formale più sintetica, essenziale, mirata sempre a potenziare l’espressione e i caratteri universali del tema.

Corpi a volte più realistici, a volte filiformi e a volte più opulenti, ricavati nel legno, nella pietra o nel marmo sulla cui superficie la luce trascolora in delicatissimi passaggi mettendo a nudo la preziosità della materia che, come ha fatto giustamente osservare qualcuno, invita alla carezza.

E di carezze bisogna darne proprio tante per rendere lucidissima e traslucida la superficie del marmo.

Questo è infatti uno dei meriti di Vito Russo: aver esaltato la bellezza nascosta dei materiali.

Le forme delle sue sculture, siano esse di grandi che di piccole dimensioni inseguono sempre una bellezza intima che si esprime non solo attraverso il carattere dei materiali ma anche attraverso la sintesi delle forme: composizioni plastiche realizzate con il minimo dei segni e dei volumi e con il massimo dell’espressione.

Un modo di operare che accosta la sua produzione alla scultura cicladica e alla variegata grammatica della scultura europea del ‘900 con echi di Brancusi, F.Harp, E.Moore, Manzù ecc.



Un capitolo a parte à costituito dalla sua produzione di Arte sacra in cui le immagini ora descrivono in modo intensamente realistico, ora evocano con forme più evanescenti e sfumate, personaggi e fatti evangelici, resi sempre con grande maestria e capaci di coinvolgere lo spettatore in un’atmosfera di mistica partecipazione.



Questo eterno ragazzo rimasto semplice e modesto ha inseguito sempre il suo sogno: farsi testimone dei caratteri, delle ansie millenarie dell’uomo, dei suoi aneliti, delle sue aspirazioni e anche, purtroppo, delle sue frustazioni.

Auguriamo a questo Artista di rara sensibilità di continuare a produrre ancora per molti anni nella quiete della sua campagna e in compagnia della sua bella famiglia.



Donato Minonni 7 dicembre 2010

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